L’avviso di presa in carico notificato dall’Agente della Riscossione, pur non rientrando nella categoria degli atti autonomamente impugnabili ai sensi dell’art. 19 D. Lgs. 546/1992, può essere impugnato laddove tramite esso il contribuente viene a conoscenza per la prima volta della pretesa tributaria.
Impugnazione dell’avviso di presa in carico della riscossione
Deve premettersi che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che il D. Lgs. n.
546 del 1992, art. 19 contiene il “catalogo” degli “atti impugnabili” cioè degli atti che, se ritualmente
notificati, comportano, in ragione della loro ritenuta natura immediatamente impositiva, l’onere
della impugnazione, a pena della cristallizzazione della pretesa in essi contenuta e che la tassatività
di detta elencazione va riferita non tanto ai singoli atti nominativamente indicati, ma piuttosto alla
individuazione di “categorie” di atti, considerate in relazione agli effetti giuridici da quelli prodotti,
con la conseguenza che la norma è suscettibile, in presenza di determinate condizioni, di
interpretazione estensiva, in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt.
24 e 53 Cost.) e di buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.); ciò con la precisazione, quanto agli atti
per i quali si ritenga di ammettere la possibilità di una tutela di natura “anticipata”, della mera
facoltatività dell’impugnazione, il cui mancato esercizio non determina alcuna conseguenza
sfavorevole in ordine alla possibilità di contestare la pretesa in un secondo momento, quando cioè
essa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti espressamente indicati nell’art. 19 citato (Cass., Sez. U., 16 gennaio 2015, n. 640).
Come anche affermato dalla recentissima sentenza della Corte di Cassazione 28.12.2023, n. 36217
“Più di recente, questa Corte, con specifico riferimento all’avviso di presa in carico, dando
continuità all’orientamento delle Sezioni unite citate, ha affermato che l’avviso di presa in carico
non ha capacità di incisione unilaterale sui profili sostanziali, né involge lesioni agli aspetti
processuali, comportando limitazioni all’azione. Esso è pertanto estraneo alla categoria degli atti
autonomamente impugnabili, per cui consentirne la ricorribilità significa avvallare la
“retrodatazione” dell’interesse ad agire che da attuale diverrebbe eventuale e che, tuttavia, è
differente la circostanza quando l’avviso di presa in carico sia il primo atto con cui si manifesta,
palesandosi, un precedente provvedimento lesivo, che potrebbe essere espresso, tacito o anche
presupposto” e ha concluso, precisando che, “una armonica lettura dei principi di efficacia,
efficienza ed economicità della tutela giudiziaria e di ragionevole durata del processo come
distillati dalla Corte EDU, dagli organismi Euro unitari, alla luce dei principi costituzionali e
dell’elaborazione processuale civilistica conduce a ritenere che l’originario elenco di atti
impugnabili da tempo non costituisca più numero chiuso, ma possa essere integrato secondo due
direttrici: per un verso, consentendo il ricorso avverso tutti quegli atti di natura provvedimentale
capaci di modificare unilateralmente e autoritativamente le situazioni giuridiche soggettive del
contribuente, sia sui profili sostanziali che processuali; per un altro verso, consentendo (ed imponendo, a pena di decadenza), l’impugnazione di quegli atti che non appartengano alla prima
categoria, ma che costituiscano il primo atto notificato o comunque pienamente conosciuto o
legalmente conoscibile dalla parte contribuente, successivo ad un atto impugnabile, ma non
formalmente comunicato e che, quindi, si palesa tramite la comunicazione dell’atto successivo,
non autonomamente lesivo. In tal caso, l’impugnazione del secondo atto, non lesivo, è funzionale
ad attrarre alla cognizione anche l’atto lesivo, ma non (fino ad allora) conosciuto” (Cass., 19 luglio
2023, n. 21254).
Ancora più recentemente, la sentenza della Corte di Cassazione n. 22670/2024 ha ribadito che l’avviso di presa in carico dell’accertamento esecutivo non rientra nella categoria degli atti autonomamente impugnabili (non avendo capacità di incisione unilaterale sui profili sostanziali, nè involgendo lesioni agli aspetti processuali, comportando limitazioni all’azione), salvo che si tratti del primo atto con cui il contribuente viene a conoscenza della pretesa tributaria. In questo caso va proposto tempestivo ricorso per contestare la mancata notificazione dell’atto prodromico.
Per la Corte, dunque, un’armonica lettura dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della tutela giudiziaria e di ragionevole durata del processo conduce a ritenere che l’originario elenco di atti impugnabili, di cui all’art. 19 del D. Lgs. n. 546 del 1992, da tempo non costituisca più un numero chiuso, ma possa essere integrato, secondo una duplice direzione. Da un lato, consentendo il ricoso avverso tutti quegli atti di natura provvedimentale capaci di modificare unilateralmente e autoritativamente le situazioni giuridiche del contribuente, tanto sostanziali che processuali; dall’altro, consentendo l’impugnazione degli atti che, pur non appartenendo alla prima categoria, costituiscano il primo atto pienamente conosciuto o legalmente conoscibile dalla parte ricorrente.
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